Progetti

Inspires: buone pratiche di inclusione attraverso lo sport

Come il contesto sociale influisce sulle condizioni di migranti e rifugiati, in particolare per le donne e le ragazze

 

Sono molte in Europa, le differenze di contesto sociale e di condizioni oggettive dei percorsi migratori. Queste differenze si ripercuotono anche sulle vite dei richiedenti asilo e dei rifugiati, in particolare, per donne e ragazze. Intorno a questa indispensabile premessa si è sviluppato il confronto in occasione del webinar sulle buone pratiche di inclusione attraverso lo sport, organizzato dall'Uisp il 28 gennaio, nell'ambito del progetto Inspires.

Il progetto Inspires (INtegration through SPort and Inclusion for Refugees in Europe for Sustainability -Integrazione attraverso lo sport e Inclusione dei rifugiati in Europa per lo sviluppo sostenibile) di cui è capofila la rete europea FARE-Football Against Racism in Europe, e di cui l’Uisp è partner insieme ad altri tre organismi che si occupano di sport per tutti e di inclusione di migranti, rifugiati e richiedenti asilo, intende individuare e promuovere le migliori esperienze in questo campo, a partire dal calcio ma non solo. 

Dopo le esperienze di altri Paesi, illustrate dal ricercatore del progetto Gianmarco Duina, sono state presentate quelle messe in campo in Italia, in diversi territori in cui opera la Uisp. Tra queste, di particolare rilievo l'esperienza descritta da Patrizia Alfano, vice presidente nazionale Uisp, che è all'origine di una bella storia di inclusione attraverso lo sport di donne delle comunità migranti presenti nella città di Torino. Partita dall'intenzione di misurarsi con le esigenze espresse dalle donne che, per la loro identità culturale e religiosa, esprimevano il bisogno di uno spazio per loro confortevole, ha invece delineato una sintonia con i bisogni di tutte le donne, migranti e non. L'esperienza torinese si è poi sviluppata ed evoluta nel corso di oltre dieci anni di attività. Un esempio che, nel racconto di Patrizia Alfano e Paola Voltolina del comitato territoriale di Torino, ha dimostrato quanto un'esperienza nata per favorire l'inclusione e l'integrazione, di per sé molto importante e di successo, abbia portato alla realizzazione di qualcosa di ancora più ricco e fertile: l'interazione tra donne che ha creato uno spazio di comfort per tutte, unendo al benessere psicofisico nato dalla pratica sportiva anche quello sociale e relazionale, di scambio tra le donne e le loro famiglie, andando al di là della piscina.

L'esperienza della piscina al femminile, quindi, ha favorito lo sviluppo di interazione e relazione, di conoscenza e scambio reciproco, sul piano delle amicizie, ma anche su quello culturale e culinario. Un processo virtuoso concreto che costituisce senz'altro una best practice da riproporre in Italia e in Europa. Nel racconto della piscina ha trovato spazio anche l'esperienza che ha portato le donne coinvolte a mettersi alla prova anche con il calcio a 5.

Il webinar ha poi offerto l'opportunità di condividere i video realizzati con un altro progetto, Spin Women, con cui sono state raccolte le storie di donne migranti nel loro approccio, le loro difficoltà e le loro sfide, nell'entrare a contatto con la pratica dello sport e dell'attività fisica. Racconti brevi ma molto emblematici, che spaziano tra discipline e pratiche varie di sport per tutti. Altra importante esperienza per affrontare le sfide che l'inclusione delle donne e delle ragazze nello sport e attraverso lo sport affronta, è stata raccontata da Alberto Urbinati, presidente dei Liberi Nantes, squadra romana composta da rifugiati e richiedenti asilo. Al fine di rendere utile il confronto tra i partecipanti al webinar è stato ripercorso quanto è stato tentato e costruito negli anni, proponendo diverse attività rivolte in particolare alle donne. Si è evidenziato come spesso il calcio non rappresenti la pratica sportiva privilegiata da parte delle donne, è così che sono nate esperienze risultate più pertinenti ed efficaci, sia per la pratica in sé che per le condizioni favorevoli di scambio e relazione. In questo senso sono state citate le esperienze realizzate con il rugby, il touch rugby, il trekking, l'urban orienteering e oggi l'avvio di una nuova squadra di calcio che includa donne migranti e non del territorio. Il ragionamento proposto dal presidente dei Liberi Nantes ha proposto anche una riflessione sulla necessità di considerare le specifiche difficoltà legate all'inclusione delle donne e sull'importanza di sviluppare anche l'interazione con il territorio, le sue realtà e reti sociali, associative e istituzionali presenti. Senza questa dimensione di relazioni, l'esperienza sportiva di base perderebbe la sua potenzialità di diplomatica dal basso.

Il webinar ha anche voluto favorire lo scambio e il confronto con altri soggetti attivi nello scenario sportivo italiano. In particolare sono intervenuti Daniela De Angelis, referente della Federazione Italiana Rugby per la responsabilità sociale che, oltre a sottolineare le specifiche capacità e potenzialità rappresentate dal rugby, che porta con sé storicamente un approccio di squadra che va oltre la dimensione della pratica di gioco, è accompagnata dallo spirito del terzo tempo che rappresenta conoscenza, relazione, inclusione. amicizia. Uno spirito che si ritrova anche negli sforzi realizzati negli anni dalla Federazione per favorire l'accesso di migranti e rifugiati, oltre che nell'accesso alla pratica anche nelle proprie competizioni. Argomento importante al centro delle strategie della Uisp, della rete Fare e dei partners del progetto Inspires. Infine Fabio Appetiti, dell'Associazione Italiana Calciatori, ha offerto alla riflessione l'esperienza che hanno avviato in collaborazione con FIGC, Assoallenatori, Comune di Firenze, COSPE e CARITAS, coinvolgendo le calciatrici afgane della squadra di Herat. Un impegno da parte del mondo del calcio che potrà rappresentare in futuro un esempio di promozione di accoglienza e inclusione di rifugiati. Daniela Conti, responsabile Politiche Interculturalità e cooperazione Uisp, ha sottolineato come le buone pratiche presentate dimostrino che a ostacolare l'inclusione delle donne rifugiate e richiedenti asilo siano le condizioni oggettive, più che le differenze culturali e religiose: la distanza dei centri di accoglienza dal centro delle città e dalle strutture sportive, e dunque la difficoltà di accesso alla pratica dello sport. Il messaggio che emerge dal webinar è quindi una sfida molto chiara alla Uisp: affermare davvero il diritto umano al movimento per tutti e per tutte. (Raffaella Chiodo Karpinsky)

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